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Il sonno del bambino, dall'infanzia all'adolescenza

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Il "buon sonno" è una condizione che si acquisisce fin dai primi mesi di vita grazie al supporto dei genitori.

Un lattante dorme in media 16-17 ore al giorno, suddivise tra il giorno e la notte.

A 3 mesi il numero delle ore di sonno rimane quasi invariato, ma con periodi di risveglio prolungati durante il giorno. Intorno ai 4 anni sparisce la necessità del riposo pomeridiano e la quantità di sonno totale diminuisce in modo graduale, fino ad arrivare in media a 8-9 ore tra i 13 e 15 anni.

Anche il significato e la funzione del sonno si modificano gradualmente. In un primo momento l’alternanza sonno/veglia dipende dalla necessità di soddisfare un bisogno. In un secondo momento, con la maturazione della vita psicoaffettiva e con la graduale presa di coscienza del mondo, la fase di addormentamento, il sonno e il sogno iniziano ad essere condizionati dall’ambiente e dalle relazioni genitoriali.

                                                                                 

Come per altri aspetti comportamentali, il sonno del bambino è oggetto di osservazione e giudizio da parte dei genitori, ed in particolar modo delle madri. Il suo divenire dipende quindi non solo dalla maturazione delle strutture nervose, ma anche dagli sguardi dei genitori, interpreti di ciò che accade. Se una mamma è portata ad interpretare la presenza di motilità corporea o i brevi episodi di pianto che si presentano durante la fase di sonno attivo di un neonato come indici di risveglio, questo errore può avere come conseguenza il reale risveglio del bambino. Ripetuti nel tempo, questi interventi sul sonno del bambino possono portare ad una progressiva disorganizzazione della naturale struttura del sonno.

Il “buon sonno” è una condizione che si acquisisce fin dai primi mesi di vita. Il genitore deve adattarsi ai ritmi del bambino ed essere in grado di modificarli gradualmente per favorire la strutturazione del ritmo circadiano. Un ambiente tranquillo (temperatura fresca della stanza, letto comodo, assenza di rumori, luci spente) in cui riposare ed abitudini regolari aiutano il bambino ad adattarsi ai ritmi esterni.

I bambini possono presentare difficoltà di sonno in periodi particolari, come quelli dello svezzamento, della dentizione, della paura dell’estraneo, oppure in presenza di conflitti tra i genitori. In alcuni casi un disturbo di sonno è un campanello d’allarme rispetto ad una patologia più importante. Il significato di un’alterazione del sonno dipende da numerosi fattori: la natura e l’intensità del disturbo, l’età del bambino, la sua evoluzione, il suo stato emotivo.

Clinicamente viene fatta una distinzione tra le patologie legate alla fase di addormentamento e le patologie che compaiono durante il sonno. Tra i 2 e i 6 anni il bambino può presentare difficoltà di addormentamento, si oppone cioè all’andare a letto ed instaura rituali di rassicurazione (luce accesa, porta aperta, bicchiere d’acqua, bacio della buonanotte).

L’insonnia comune è un’alterazione abbastanza frequente nel primo anno di vita. La rigidità eccessiva degli orari dei pasti, eccesso d’alimentazione, cattivo isolamento acustico, possono determinare difficoltà di adeguamento tra il bambino e la madre.

L’insonnia precoce severa è più rara e può presentarsi come insonnia agitata (durante la quale il bambino non smette di urlare, agitarsi, si tranquillizza per brevi attimi di sfinimento per ricominciare con le urla, può essere accompagnata da movimenti ritmati, violenti dondolamenti, condotte auto aggressive) o insonnia calma (durante la quale il bambino resta nel suo letto con gli occhi spalancati, silenzioso sia di giorno che di notte, e sembra non chiedere nulla e non attendersi nulla.)

I sogni di angoscia si possono osservare dall’età di due anni. Il bambino si agita, piange, grida, raramente si sveglia e spesso è in grado di ricordare il brutto sogno. Solitamente è la risposta ad un evento traumatico.

Il terrore notturno è caratterizzato invece da condotte allucinatorie notturne che compaiono generalmente tra i 3 e 6 anni e poi spariscono. Sudorazione, tachicardia, pallore, urla al risveglio. La crisi dura pochi minuti ed il bambino si riaddormenta generalmente subito. Il risveglio ansioso si presenta come un risveglio inquieto, senza manifestazioni allucinatorie. Il bambino si riaddormenta facilmente se rassicurato e spesso va nel letto dei genitori per riaddormentarsi.

Gli automatismi motori sono movimenti ritmici del sonno (rotazione della testa, dondolamento del corpo, digrignamento dei denti, sonniloquio, durante il quale il bambino borbotta e parla), che compaiono intorno ai 3 anni e scompaiono gradualmente verso la pubertà. Sono associati ad altri disturbi del sonno. Durano da qualche secondo a 30 minuti e si ripetono 3 o 4 volte durante la notte. All’inizio sono silenziosi e diventano motivi di consultazione medica quando il bambino incomincia a fare rumore.

Il sonnambulismo, più frequente nei maschi, compare tra i 7 e i 12 anni, e spesso è presente una familiarità. Possono verificarsi numerosi episodi al mese, della durata dai 10 ai 30 minuti durante la prima parte della notte. Il bambino si alza e cammina, a volte ha un’attività complicata al termine della quale si rimette a letto o vi si lascia rimettere. La mattina dopo non ricorda nulla. L’ipersonnia, caratterizzata da una eccessiva sonnolenza diurna, è raramente diagnosticata nell’infanzia. E’ importante escludere la presenza di problemi neurologici, traumi cranici, e cause metaboliche.

Se i problemi di sonno non sono totalmente scompari nel corso dell’infanzia e della preadolescenza, essi si ripresentano o peggiorano in adolescenza.

Esiste negli adolescenti una tendenza naturale a spostare il loro orario di addormentamento verso orari più notturni. Nonostante persista il bisogno di sonno notturno di circa 10 ore, gli adolescenti non dormono più di 8 ore e mezza a notte nella media, e 7 ore negli anni successivi, soprattutto nei giorni di scuola e durante la settimana. L’adolescente tende a non riferire le proprie difficoltà di sonno. Difficoltà ad addormentarsi, insonnia notturna, difficoltà ad alzarsi al mattino, sogni continui per la maggior parte degli adolescenti sono attribuiti a  fattori psicologici da essi riconosciuti come tensione, problemi familiari, sociali, scolastici, ecc.

È frequente l’insonnia vera dell’adolescente, che si presenta con difficoltà di addormentamento e risvegli notturni. I fattori psicologici prevalenti sono un’ansia eccessiva legata o meno ad elementi depressivi. Le insonnie secondarie sono invece legate all’uso di sostanze psicotrope, di alcool o tabacco.

La Sindrome di Ritardo di Fase del Sonno (SRPS) è un disordine cronobiologico che si manifesta con un ritardo sistematico dell’ora dell’addormentamento, il quale avviene due o tre ore dopo la mezzanotte, con un risveglio a metà giornata o a mezzogiorno. Una volta iniziato, il sonno è di durata e qualità normali, senza risvegli. L’instaurarsi di questa sindrome può comportare l’abbandono scolastico ed il rischio di isolamento sociale. Le ipersonnie in adolescenza sono da ricercare quando un adolescente è stanco e si lamenta di dormire troppo. Indicano per lo più uno stato depressivo latente di cui è necessario ricercare altre manifestazioni significative.

Gli adolescenti, se non riposano un numero adeguato di ore, possono andare incontro a diversi problemi, come ad esempio una riduzione del rendimento scolastico, rischi di lesioni ed incidenti, in particolare durante la guida, problemi emotivi e comportamentali, aumento dell’uso di stimolanti (caffeina e nicotina), uso di alcol.

                                                                                                       

Come per i bambini, il trattamento con gli adolescenti è essenzialmente preventivo: è importante assicurare una buona igiene del sonno fin dalla prima infanzia ed un equilibrio psicoaffettivo e relazionale.

Di fronte a qualunque disturbo del sonno deve essere presa in considerazione una valutazione medica e psicopatologica, a cui può fare seguito un trattamento psicoterapeutico di breve o lunga durata. Il disturbo del sonno in molti casi è conseguenza di un disagio psicologico, ma in altri può essere la risposta ad una cattiva gestione da parte dei genitori del sonno dei figli, momento fondamentale di crescita e maturazione a livello psicologico e neurologico.

Anche il sonno è un momento di apprendimento e rielaborazione, che ha le sue regole e i suoi ritmi che devono essere rispettati e guidati come qualunque altro momento di apprendimento.

Dott.ssa Simona Zurloni
Psicologa dello sviluppo e dell'educazione
Specializzata in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale per bambini e adulti

Treviglio (Bg)

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