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Piccoli acciacchi... notti in bianco!

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Come migliorare la qualità del sonno in presenza di dolori articolari o postumi da piccoli traumi.

Oltre alla lombalgia e alla cervicalgia, che detengono il primato in termini di frequenza, esistono una serie di problematiche che possono influenzare negativamente la qualità della vita in generale e del riposo in particolare.

Si tratta di disturbi secondari a sforzi ripetuti come la sofferenza della “cuffia dei rotatori” della spalla, postumi di piccoli traumi come le distorsioni di caviglia e ginocchio di lieve entità, alterazioni dell’articolazione della mandibola e disturbi del vestibolo (organo dell’equilibrio) come la vertigine parossistica benigna.

Seguire le norme generali di igiene del sonno e l’utilizzo di adattamenti specifici della posizione di riposo possono coadiuvare la terapia di questi disturbi nel migliorare la qualità del sonno evitando così il peggioramento dei sintomi causati dal circolo vizioso dolore-disturbi del sonno-dolore.

I consigli dei fisioterapisti

                                                          

La spalla dolorosa.

Il termine “cuffia dei rotatori” si riferisce ad un complesso muscolare che avvolge l’articolazione della spalla la cui integrità è fondamentale per la normale funzionalità del braccio. Pare che il 70% dei casi di dolore alla spalla sono causati da patologie a carico di questa struttura muscolo-tendinea. Le alterazioni della cuffia dei rotatori sono legate a sovraccarico generalmente secondario ad attività prolungate e ripetute con le braccia al disopra della testa, ipermobilità (movimento che supera il limite “normale”) della spalla, invecchiamento e debolezza dei muscoli della spalla. Dal punto di vista prognostico, circa la metà dei soggetti con dolore di spalla non ha più sintomi a 18 mesi dall’insorgenza, mentre una parte lamenta ancora sintomi a tre anni di distanza. Si tratta quindi di un disturbo che può diventare cronico e interferire con la qualità del riposo per un periodo abbastanza lungo con ripercussioni rilevanti sulla qualità della vita.

Per ridurre al minimo i disagi secondari alla spalla dolorosa durante il riposo, bisogna seguire delle semplici norme comportamentali e assumere posizioni di riposo specifiche:

  • oltre alla terapia antinfiammatoria eventualmente prescritta dal medico, può essere utile applicare una borsa del ghiaccio per 15-20 minuti ogni ora prima di andare a dormire o al bisogno se il dolore determina il risveglio e impedisce di riaddormentarsi;
  • durante il riposo bisogna evitare di sollecitare eccessivamente la spalla con posizioni che comprimono o stirano le strutture infiammate poiché si ostacola il processo di guarigione e si prolunga l’infiammazione. Bisogna quindi evitare di dormire sul lato dolente; se la posizione abituale di riposo è quella supina (pancia in su), attraverso l’uso di un cuscino, bisogna far assumere alla spalla una posizione “neutra” (intermedia ai movimenti estremi) che non sollecita le strutture infiammate e scoraggia movimenti involontari verso il lato dolente; si può assumere la posizione sul lato sano a patto di conservare la posizione neutra della spalla.

                                                         

Distorsioni.

Si tratta di traumi caratterizzati da un movimento improvviso e incontrollato di un’articolazione oltre il limite naturale con conseguente allungamento o lesione delle strutture che la circondano. Le articolazioni più soggette a distorsione sono la caviglia e il ginocchio. Il trattamento cambia a seconda della gravità del trauma e può essere conservativo (bendaggio o tutore) o chirurgico. In ogni caso l’effetto della distorsione è una infiammazione con edema (gonfiore), calore, dolore e difficoltà o impossibilità a muovere l’articolazione. Anche in questi casi può essere utile l’uso del ghiaccio ed è necessario proteggere l’articolazione da movimenti eccessivi o posizioni sbagliate che favoriscono l’infiammazione e determinano l’aumento del dolore. In particolare:

  • è necessario rispettare sempre le prescrizioni del medico riguardo all’uso di bendaggi, tutori e bastoni, anche se il dolore tende a diminuire;
  • quando si riposa, indipendentemente dalla posizione che si assume, bisogna rispettare la posizione neutra dell’articolazione e mantenere la gamba sollevata per favorire la riduzione dell’edema.

                                                         

Disturbi dell’articolazione temporomandibolare.

Come le altre articolazioni del nostro corpo, anche quella tra mandibola e cranio (osso temporale), può essere fonte di dolore. Le alterazioni temporomandibolari possono interessare, almeno una volta nella vita, anche il 70% della popolazione, in particolare le donne, con una frequenza 4 volte superiore agli uomini,  nella fascia di età compresa tra i 20 e i 50 anni. Nonostante questi numeri ci dicono che si tratta di un disturbo molto frequente, solo il 5% dei soggetti interessati richiede di essere curato. I segni tipici dei disturbi temporomandibolari sono il dolore (che aumenta con i movimenti della bocca), l’asimmetria dei movimenti o una limitazione della apertura della bocca e la presenza di “rumori” articolari. In particolare nei pazienti con dolore temporomandibolare cronico, possono essere presenti altri disturbi come cefalea, dolore al collo nel 58% dei casi e disturbi del sonno nel 19% dei casi. L’origine di questi disturbi può essere muscolare, cioè può provenire da alterazioni dei muscoli della masticazione, o articolare, secondario a patologie  come artrosi e artrite che alterano il normale movimento  dell’articolazione. Chi soffre di disturbi temporomandibolari:

  • oltre a seguire la terapia specifica opportunamente prescritta, deve cercare di ridurre le sollecitazioni dell’articolazione modificando le abitudini alimentari nel senso di eliminare i cibi troppo duri, deve evitare movimenti eccessivi della bocca;
  • riguardo alla posizione di riposo, può essere necessario evitare di dormire in posizione prona (pancia sotto). In questa posizione, infatti, l’articolazione viene sollecitata in posizioni estreme che possono determinare l’insorgenza o il peggioramento dei sintomi.

                                                         

Vertigini.

I disturbi dell’equilibrio rappresentano la terza causa di richiesta di intervento al pronto soccorso, il 5-10% delle patologie per cui ci si rivolge al medico di base, il 10-20% delle patologie viste dallo specialista otorino. Si stima che il 42% degli americani soffre di disturbi di equilibrio almeno una volta nella vita. Il 20% dei disturbi dell’equilibrio sono costituiti dalla Vertigine Posizionale Parossistica Benigna (VPPB) dovuta ad un mal posizionamento degli otoliti, piccoli cristalli di carbonato di calcio normalmente presenti nel vestibolo, che determina un “corto circuito” del sistema di controllo dell’equilibrio con la comparsa di vertigini. La VPPB interferisce notevolmente sulla qualità della vita e in particolare del riposo in quanto, a seconda della posizione degli otoliti, la vertigine compare al risveglio, nell’alzarsi dal letto, oppure durante il sonno in seguito a rotazione della testa. Si tratta di crisi vertiginose che compaiono in modo improvviso, hanno una durata di 10-30 secondi, si interrompono rapidamente e si ripetono più volte nella giornata. Solitamente, nell’80% dei casi questo problema viene risolto dall’otorino vestibologo attraverso delle manovre, denominate “liberatorie”, che riescono a riposizionare gli otoliti nella loro sede naturale. Dopo l’esecuzione delle manovre liberatorie è importante seguire alcune precauzioni che impediscono agli otoliti di riposizionarsi in modo erroneo:

  • nei 2 giorni successivi all’esecuzione delle manovre, la posizione da tenere a letto è quella semiseduta con il busto inclinato di 45° rispetto al piano del letto. Successivamente, fino alla decima giornata bisogna gradualmente ridurre l’inclinazione del tronco fino ad arrivare alla posizione supina. Inoltre è sconsigliata la posizione sul fianco;
  • durante le attività usuali è necessario mantenere la testa in posizione neutra ed evitare movimenti ampi e bruschi. Per esempio è preferibile lavarsi i capelli solo sotto la doccia, radersi evitando di portare il capo indietro, evitare di andare dal dentista o dal parrucchiere. Anche in questo caso, a partire da una settimana dopo il trattamento, bisogna reinserire i movimenti  del capo in modo graduale rispettando la sintomatologia vertiginosa. Per esempio se si va in piscina si può iniziare con il dorso e gradualmente arrivare allo stile libero a patto che non si verificano episodi di vertigine.

Dott. Marco Testa
Direttore Campus di Savona.
Università degli Studi di Genova.

->Leggi "Dolori posturali e insonnia"



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